Quando si parla di inquinamento, viene spontaneo pensare al riscaldamento globale e all’impatto delle emissioni sull’ambiente. Eppure esistono anche altre forme di inquinamento tra cui spicca (per la sua clamorosa assenza sul piano delle rivendicazioni) anche l’inquinamento luminoso. Cioè la sempre più marcata assenza del buio, a causa dell’iperbolico incremento di illuminazione artificiale.
L’incremento dell’inquinamento luminoso e la progressiva uscita di scena del buio dai nostri cieli e dalle nostre vite è un dato di fatto. Ce lo raccontano le tante immagini satellitari del nostro pianeta, la rigorosa denuncia dell’“Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso” di Fabio Falchi e i numeri. Soprattutto i numeri.
Secondo “Remote Sensing“, tra il 1992 e il 2017, l’inquinamento luminoso è aumentato del 49% ma in realtà se consideriamo il fatto che le luci blu dell’illuminazione a LED non vengono registrate dai recettori satellitari, dobbiamo supporre un incremento ancora più evidente: del 270% – a livello mondiale – ma addirittura del 400% per quanto riguarda alcune zone dove il problema è nevralgico. Come ad esempio in Italia.
Il Bel Paese è al secondo posto tra i Paesi del G20 per inquinamento luminoso, subito dopo la Corea del Sud. Un primato su cui senz’altro influisce la storia urbanistica di una realtà policentrica come l’Italia: il “Paese delle Cento Città” di Carlo Cattaneo, oggi è – in buona parte anche per questo motivo – il Paese delle mille luci. Il 99,6% degli Italiani vive sotto cieli che sono almeno per il 50% più luminosi del normale. Per tre quarti dei nostri connazionali, la Via Lattea non è visibile e il 26,7% degli Italiani vive in contesti urbani in cui l’inquinamento luminoso è talmente sviluppato da “mandare in pensione” i bastoncelli, cioè i fotorecettori della retina che si attivano per permetterci di vedere nella penombra.
Ma se l’inquinamento luminoso è una realtà di fatto, perché se ne parla così poco? La risposta, purtroppo, è molto semplice. Se, almeno sul piano teorico, è facile convincere una persona che affrontare l’inquinamento atmosferico è cosa buona e giusta, convincere la stessa persona che urge ridurre la luminosità in eccesso è molto meno semplice. La società moderna, in questo senso, non ha fatto che estremizzare un’equazione valida anche in precedenza. Luce = bene. Buio = male. Il perché di questa identificazione ha radici antiche, che risalgono alla notte dei tempi e che tutto sommato, forse, avevano anche una loro ragion d’essere in tempi in cui il rapporto tra luce e buio era comunque sufficientemente bilanciato.
Dal Dopoguerra in poi, però, le cose sono progressivamente cambiate e il bilanciamento che per millenni ha regolato l’alternanza di luce e buio è definitivamente entrato in crisi. Impossibile non leggere il legame tra questo squilibrio e l’emergere di un modello di consumismo (e di produttività) sempre più estremo.
La “crescita infinita” implica un radicale rovesciamento di valori in cui la messa al bando del sonno va di pari passo con la messa al bando del buio.
La dichiarazione di Reed Hastings secondo cui il vero competitor di Netflix sarebbe il sonno non è una battuta ma una chiave di lettura che potrebbe applicarsi a millemila esempi. Ed ecco che il fatto che una città “non dorma mai” diventa un valore positivo così come riflette il pullulare di contesti urbani popolati da supermercati sempre aperti, strade sempre illuminate, popolazione lavorativa notturna sempre più numerosa. E stelle sempre più clamorosamente assenti.
L’inquinamento luminoso fa ormai talmente parte delle nostre vite che pare quasi impossibile pensare che sia esistita un’alternativa e che di questa alternativa, oggi, abbiamo un bisogno disperato. Per l’impatto che lo sbilanciamento dell’alternanza luce-buio ha sul nostro ritmo circadiano, sulla nostra salute e sull’esistenza stessa di diverse specie sia animali che vegetali. Per l’esigenza di ridimensionare una modalità produttiva che ormai non ha più nulla di umano. Per riscoprire anche sul piano psicologico l’immenso potenziale trasformativo che ha la riscoperta della Notte. Difendere il nostro buio vitale oggi è un atto rivoluzionario. Un andare “in direzione ostinata e contraria” da cui abbiamo solo da guadagnare.
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