L’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso di Fabio Falchi non è più ormai all’ordine del giorno ma rimane comunque la bibbia (e il testo più aggiornato) per chi voglia farsi un’idea di quelle che sono le mappe dell’inquinamento luminoso. In Italia e nel mondo.
La prima edizione dell’atlante è del 2001, ma l’ultima è del 2016: risale quindi a non molto tempo fa ma sette anni sono sufficienti perché le cose cambino, anche sensibilmente. Le classifiche che riportiamo di seguito sono quindi da prendere non proprio con le pinze ma almeno con un certo margine. Tra i tanti aspetti interessanti scandagliati dal lavoro di Fabio Falchi, c’è anche una doppia classifica dei Paesi più colpiti dall’inquinamento luminoso. Il campione analizzato riguarda i Paesi del G20, cioè – di fatto – i protagonisti delle economie industrializzate più sviluppate a livello mondiale.
Le maglie nere dell’inquinamento luminoso nei diversi Paesi del mondo
Fra le fila dei diversi Paesi del G20, la presenza dell’inquinamento luminoso può essere letta da due diverse angolature: dal punto di vista del numero degli abitanti colpiti dal fenomeno oppure dal punto di vista della percentuale di territorio interessata.
Come si può immaginare, infatti, la classifica può cambiare anche in modo radicale, soprattutto quando parliamo di Paesi caratterizzati da una conformazione geografica particolare: con forte presenza di catene montuose o di deserti, per esempio. E’il caso dell’Arabia Saudita, dove il deserto occupa una percentuale dominante del territorio: non stupisce, quindi, che il Paese sia al primo posto al mondo per numero di abitanti colpiti da inquinamento luminoso (la popolazione concentrata nelle sparute zone abitate), quando invece – considerando il territorio – l’Arabia Saudita scende in picchiata all’undicesimo posto in classifica. Il fattore geografico – in questo, come in altri casi – la fa da padrone, spiegando in gran parte la differenza fra una maglia nera e l’altra.
I 10 Paesi più colpiti al mondo dall’inquinamento luminoso per numero di abitanti
Tra i primssimi posti fra le maglie nere, in ordine decrescente, spiccano l’Arabia Saudita (appunto), seguita a ruota da Corea del Sud, Argentina, Canada, Spagna, Stati Uniti, Brasile, Russia, Giappone e Italia. All’ultimo posto, troviamo invece la Germania.
I 10 Paesi più colpiti dall’inquinamento luminoso per percentuale di territorio
Se invece cambiamo prospettiva e consideriamo l’inquinamento luminoso dal punto di vista del territorio, le cose cambiano. Al primo posto, sul podio delle maglie nere, c’è l’Italia seguita da Corea del Sud, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Giappone, Turchia, India e Stati Uniti. Maglia bianca all’Australia (per gli stessi motivi dell’Arabia Saudita, probabilmente) tallonata da Canada, Russia e Brasile.
Classifiche diverse, quindi, dove spiccano alcuni clamorosi colpi di scena. Se la presenza del deserto spiega il caso dell’Arabia Saudita, infatti, per quanto riguarda la Germania – maglia bianca per popolazione colpita da inquinamento luminoso ma maglia nera, addirittura al terzo posto dei Paesi peggiori per territorio colpito – il caso è sicuramente più interessante e meriterebbe un occhio di riguardo.
Perché le migrazioni innescate dai cambiamenti climatici mischieranno le carte
Quando si parla di inquinamento luminoso, i dati riportati più frequentemente per descrivere il fenomeno sono quelli che riguardano l’impatto della light pollution sul territorio. Anche l’impatto sugli abitanti, però, gioca un ruolo non da poco soprattutto per quanto riguarda la costruzione di un rapporto elusivo verso il buio che – sulla scia di migrazioni successive – potrebbe influire sul territorio stesso.
L’uomo è un animale solo apparentemente sedentario e in epoca di cambiamenti climatici, le migrazioni saranno sempre più consistenti. Secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, allo stato attuale i “rifugiati climatici” sono già più di 17 milioni. Questo significa che gli spostamenti, nel futuro prossimo, saranno sempre di più.
Se incrociamo questa variabile con le due classifiche, scopriamo – o quantomeno, possiamo intuire – che là dove, come nel caso dell’Arabia Saudita, la maggior parte della popolazione vive immersa fino al collo nell’inquinamento luminoso, una possibile migrazione porterà al trasferimento automatico non solo degli abitanti ma anche del loro rapporto con il buio. E il rapporto con il buio di un maggioranza vissuta a mollo nella luce artificiale, sarà presumibilmente un rapporto problematico. Che andrà a influire anche sui nuovi territori (magari poco contaminati dalla light pollution) che l’ondata migratoria andrà a colonizzare.
L’inquinamento luminoso, infatti, non è solo questione di leggi ma anche questione di mentalità. Le leggi non nascono dal nulla. Quelle contro l’inquinamento luminoso, soprattutto, per prendere piede hanno bisogno di una conditio sine qua non: la presenza di una cultura sanamente circadiana, che veda il buio come elemento necessario di un equilibrio basato sull’alternanza.
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